Primavera a Venezia nel segno della Biennale d'Arte nello spirito del mondo

11/03/2019

Venezia diventa capitale mondiale delle tendenze artistiche del nostro tempo. Una guida ragionata tra le centinaia di mostre firmata Hostelsclub.

In concomitanza con la Biennale d'Arte Visive, Venezia diventa capitale mondiale delle tendenze artistiche del nostro tempo. Centinaia di mostre, storiche e contemporanee, animeranno la città, i campi, i ponti e le chiese. Un momento imperdibile per visitare la Laguna che fiorisce dopo il sonecchiare invernale. Vi proponiamo una guida alle mostre da non perdere, da fine marzo fino alle prime settimane di maggio, indicandovi inoltre le migliori soluzioni smart budget dove alloggiare.


"L'arte è la domenica della vita" - Charles Baudelaire


La primavera veneziana inaugura nel segno dell’arte contemporanea. Dal venti marzo fino ai primi dieci giorni di maggio con l’opening della Biennale d’Arte - madre di tutte le mostre d’arte al mondo - Venezia quest’anno è la destinazione ideale per chi vuole immergersi nello spaccato delle ultime tendenze dell’arte del nostro tempo. I palazzi aperti a festa sul Canal Grande, le terrazze in fiore e le altane illuminate a giorno, un brulicare di motoscafi in Laguna e le inaugurazione in ogni angolo della città, tra campi, canali e ponti, sono tappe obbligate per chi ha voglia di annusare in che direzione sta andando il mondo.

Le sedi ufficiali dell’Arsenale e dei Giardini, dove i padiglioni internazionali ci mostrano il senso del nostro tempo, in che modo il presente, la nostra attualità, si declina nelle forme dello spirito: il male, il bene, le guerre, i desideri, la povertà e l’eccesso. L’arte ci aiuta a comprendere i destini del tempo che viviamo, vederne in controluce le espressioni della vita, della lotta, dell’amore, dell’odio, dell’affermazione dei popoli, ma anche dei nostri destini di uomini singoli, felici o spaesati, nel segno e nelle manifestazioni del capitale economico e finanziario.

C’è un momento in cui Venezia, si assume la briga di operare questa sintesi globale. Più di New York, Hong Kong o Londra. Quando accade - come quest’anno, e ogni due anni per tradizione - ci si trova di fronte a una Babele, indiscussa e ritrovata. Un crogiolo di lingue, culture, facce provenienti da ognidove. Nei primi giorni di maggio Venezia ospita lo spirito di Londra, Parigi, New York, Shangai, Dubai e Sydney, ma anche dei paesi del terzo mondo, più poveri e remoti e dei luoghi più confinati che abbiano l’opportunità di esprimere se stessi in una forma compiuta e con una mostra.

Un mantra, un’invocazione aleggia su questa primavera veneziana. Che tu possa vivere in tempi interessanti - May You Live in Interesting Times. Si tratta di un antico proverbio cinese - che probabilmente è un fake - ma che è anche il titolo di questa Biennale e cui tutte le grandi mostre, minori, collaterali, parallele, ruotano attorno come in un grande concerto volto a indicarci che ciò che è contemporaneo è soprattutto vivo, inafferrabile, imprendibile definitivamente e una volta per tutte.

Nella guida che segue trovate le principali mostre, quelle imperdibili, nella selezione firmata da Hostelsclub.

1. LETIZIA BATTAGLIA ALLA CASA DEI TRE OCI

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Credits @Letizia Battaglia

Dal 20 marzo al 18 agosto 2019, la Casa dei Tre Oci di Venezia inaugura una grande antologica dedicata a Letizia Battaglia (Palermo, 1935), a cura di Francesca Alfano Miglietti, promossa da Fondazione Venezia e con la partecipazione di Tendercapital. In mostra oltre 300 fotografie, tante delle quali inedite rispetto ai più noti scorci della Sicilia e ai delitti di mafia immortalati dalla Battaglia prima come semplice cronista e poi come maestra indiscussa di un realismo crudo. Letizia Battaglia è una delle protagoniste più significative della fotografia italiana, e la mostra ne ripercorre l’intera carriera certamente a partire dal numero ampio della documentazione offerta. Una mostra antologica che può essere letta come il ritratto di un'intellettuale controcorrente. “La fotografia l'ho vissuta come documento, come interpretazione e come altro ancora “, ha detto di sé la fotografa siciliana, ”l'ho vissuta come salvezza e come verità”. Un'intellettuale controcorrente, ma anche una fotografa poetica e politica, una donna che si è interessata di ciò che la circondava e di quello che, lontano da lei, la incuriosiva.

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Uno scorcio de la Casa dei Tre Oci

Letizia Battaglia nasce a Palermo il 5 marzo del 1953. Nell’85 fu la prima europea a vincere il W. Eugene Smith Award, il celebre fotografo di «Life» (1985). «Ho lavorato per L’Ora di Palermo dal 1974 al 1991. A ogni delitto ero obbligata a correre sul posto e a scattare, ma non avrei voluto. Mi veniva da vomitare, continuavo a sentire l’odore del sangue dappertutto, anche a casa mia. Mi costava molto dolore. Non ero una fotografa che documentava un conflitto estraneo. Ero nella mia isola, in mezzo a una guerra civile». In quarant’anni di lavoro con la Leica M2, rigorosamente in bianco e nero, ha documentato quel mondo, ovunque fosse, che faceva e fa paura. Potere criminale, prepotenza e corruzione, sangue. Nella sua Sicilia, sopratutto, ma non soltanto.

2. LUOGHI E SEGNI A PUNTA DELLA DOGANA

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Una vista di Punta della Dogana, una delle sedi della Pinault Collection

Punta della Dogana presenta l’esposizione “Luogo e Segni”, a cura di Martin Bethenod, direttore di Palazzo Grassi – Punta della Dogana, e Mouna Mekouar, curatrice indipendente. Il titolo della mostra prende il nome dall’opera di Carol Rama e riunisce una trentina di artisti le cui opere intrattengono un rapporto particolare con il loro contesto urbano, sociale, politico, storico e intellettuale. Molti artisti, tra gli altri Berenice Abbott, Trisha Donnelly, R. H. Quaytman, Wu Tsang, e nuclei di opere, di Louise Lawler, Agnes Martin, Julie Mehretu, Anri Sala e Šejla Kamerić, Tatiana Trouv. Sono presentati per la prima volta nell’ambito delle mostre della Pinault Collection a Venezia. Queste opere dialogano con alcuni dei lavori che hanno fatto la storia delle esposizioni a Punta della Dogana lungo i dieci anni dalla sua apertura nel 2009. L’esposizione sarà accompagnata da un ampio programma di eventi, performance e incontri aperti al pubblico che avranno luogo a Punta della Dogana e al Teatrino di Palazzo Grassi.

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Opera di Carol Rama

Nata a Torino nel 1918, Carol Rama dipinge già adolescente senza alcuna formazione accademica, ma sostenuta nella sua passione da alcuni incontri fondamentali. Dal poeta Edoardo Sanguineti al musicologo torinese Massimo Mila, dal pittore Albino Galvano all’architetto Carlo Mollino, al collezionista Carlo Monzino, da Luciano Berio a Eugenio Montale, per citarne alcuni. Usa le camere d’aria da biciclette e le trasforma in quadri- installazioni, precocemente poveriste, dove il color rosato delle gomma diventa pelle e i tubolari affastellati sembrano viscere e falli, perché per Carol Rama il corpo è tutto. Un corpo quasi sempre amputato, o addirittura artificiale, come nelle protesi di arti, gambe e braccia, dipinte dopo averle viste dal vero negli ospedali della Seconda guerra mondiale.

3. LA PELLE DI LUC TUYMANS A PALAZZO GRASSI

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Opera di Luc Tuymans

Palazzo Grassi presenta la prima mostra personale in Italia di Luc Tuymans (Mortsel, Belgio, 1958), nell’ambito del programma di monografiche che dal 2012 a oggi si alternano a esposizioni tematiche della Pinault Collection. La mostra intitolata La Pelle – dal titolo del libro di Curzio Malaparte pubblicato nel 1949 – è curata da Caroline Bourgeois in collaborazione con Luc Tuymans e presenta oltre 80 opere, tracciando un percorso incentrato sulla sua produzione pittorica, con una selezione di dipinti che vanno dal 1986 a oggi, provenienti dalla Collezione Pinault, e da musei internazionali e collezioni private. Considerato uno degli artisti più influenti nel panorama internazionale, Luc Tuymans si dedica alla pittura fin dalla metà degli anni ’80 e lungo tutta la sua carriera contribuirà alla rinascita del medium pittorico nell’arte contemporanea. Le sue opere trattano questioni del passato e della storia recente, ma anche soggetti quotidiani attraverso un repertorio di immagini provenienti dalla sfera personale e pubblica – dalla stampa, dalla televisione o dal web – rappresentate attraverso una luce non familiare, rarefatta, restituendole in una forma rivolta a suscitare una certa inquietudine per arrivare a ottenere – come l’artista stesso ha descritto – una “falsificazione autentica” della realtà.

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Vista interna di Palazzo Grassi, sede espositiva della Pinault Collection

Luc Tuymans è nato nel 1958 a Mortsel, Belgio. Vive e lavora ad Anversa. Riconosciuto per aver contribuito alla rinascita della pittura negli anni ’90, l’artista belga continua ad affermare la pertinenza del suo lavoro affrontando un’ampia gamma di argomenti. Le sue opere si basano su immagini preesistenti e trattano questioni del passato e della sua rappresentazione e soggetti quotidiani restituiti attraverso una luce non famigliare. Il suo lavoro è stato oggetto di diverse mostre personali dedicate all’artista, tra cui: “The Swamp” al Reset Gert Robijns, Borgloon, nel 2017, “Glasses” al Museum aan de Stroom (MAS), Anversa, nel 2016 e successivamente presentata presso la National Portrait Gallery, Londra, nel 2017, “Intolerance” al Qatar Museums Gallery Al Riwaq, Doha, “Birds of a Feather” alla Talbot Rice Gallery University of Edinburgh, Edimburgo, nel 2015, “Nice. Luc Tuymans” alla Menil Collection, Houston, nel 2013.

4. LA NATURA DI ARP ALLA PEGGY GUGGENHEIM

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Vista di Palazzo Venier dei Leoni, sede della Peggy Guggenheim Collection

Dal 13 aprile al 2 settembre, alla Collezione Peggy Guggenheim ve in mostra La natura di Arp a cura di Catherine Craft e organizzata dal Nasher Sculpture Center di Dallas, prima sede espositiva della mostra. Una mostra attesa quella sull'opera dell’artista franco-tedesco Jean (Hans) Arp (1886–1966), il cui approccio sperimentale alla creazione e il ripensamento radicale delle forme d'arte tradizionali lo hanno reso uno degli artisti più influenti del Novecento. L'artista - in 16 anni di attività - realizza un corpus che avrà una notevole influenza nella storia dell'arte e in una gamma di materiali e formati che ne ricordano la versatilità produttiva. Arp è tra i fondatori del movimento Dada, pioniere quindi dell'astrazione, e sviluppa un linguaggio di forme organiche e curvilinee che si muovono con fluidità tra astrazione e rappresentazione, diventando un punto di riferimento per generazioni d'artisti. Sono sette le opere di Arp appartenenti al museo veneziano, tutte esposte in occasione della mostra.

"La prima cosa che comprai per la mia collezione fu un bronzo di Jean Arp. [Arp] mi portò alla fonderia dove era stato fuso e me ne innamorai tanto che chiesi di poterlo tenere tra le mani: nello stesso istante in cui lo sentii volli esserne la proprietaria" ricorda Peggy Guggenheim nella sua autobiografia Una vita per l’arte (Rizzoli Editori, Milano, 1998).

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Opera scultorea di Jean Hans Arp

Hans Arp, Jean (Strasburgo, 1887), studia all’Accademia di Belle Arti di Weimar e poi all’Accademia Julian a Parigi. Nel 1914 si rifugia in Francia, l'anno successivo lo troviamo in Svizzera l’anno successivo, dove incontra la pittrice Sophie Taeuber che sposerà. Nel 1928, pratica la scrittura automatica con i surrealisti. Arp partecipa a “Cercle et Carré” (1929), ad “Abstraction-création (1932), ad Allianz (1937). Verso il 1930, introduce una variante nei suoi collages con le “carte strappate”. Con la dichiarazione della guerra, Arp francesizza il suo nome in Jean. Dal 1942 al 1945 Arp si rifugia in Svizzera dove Sophie Tauber-Arp morirà tragicamente.

5. OFFICINA BURRI ALL'ISOLA DI SAN GIORGIO

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Alberto Burri, Rosso Plastica, 1963 © Fondazione Burri

La Fondazione Giorgio Cini presenta al pubblico una retrospettiva antologica dedicata al “Maestro della materia” Alberto Burri (Città di Castello 1915 – Nizza 1995), curata dallo storico dell’arte e Presidente della Fondazione Burri Bruno Corà. Il progetto, nato dalla sinergia tra le due istituzioni e realizzato in collaborazione con Tornabuoni Art e Paola Sapone MCIA, si propone quale coronamento di un percorso di riconoscimenti internazionali legati al centenario della nascita dell’artista umbro. La mostra offre una ricostruzione cronologica delle tappe più importanti della carriera artistica di Alberto Burri attraverso circa cinquanta opere scelte tra le sue serie più significative: i rarissimi Catrami, le Muffe e i monumentali Sacchi, fino ad approdare alle Combustioni, ai Legni, alle Plastiche. La lettura della sua carriera artistica proseguirà, in una sezione documentaria multimediale, attraverso la proiezione di alcuni rari film che lo ritraggono in azione.

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Uno scorcio dell'architettura interna della Fondazione Giorgio Cini

Alberto Burri nasce nel 1915 a Città di Castello. Durante la seconda guerra mondiale si arruola da ufficiale medico, ma el 1944, catturato in Nord-Africa con la sua compagnia, è imprigionato a Hereford, in Texas, dove inizia a dipingere sulle tele di sacco che sono disponibili. Conclusa la prigionia, si trasferisce a Roma dove, l'anno seguente, tiene la prima personale alla Galleria La Margherita. Burri critica il diffuso realismo politicizzato di fine anni quaranta e si muove verso l'astrazione, diventando un protagonista dell'Informale. Nel 1949–50 sperimenta materiali nuovi e poco ortodossi dando vita a collage tattili fatti di sacchi, catrame, pietra pomice. Realizza in questo periodo le serie delle Muffe e dei Gobbi, quest'ultima con tele modellate che rompono la bidimensionalità tradizionale del supporto. L'interesse per l'ambiguità della superficie pittorica e per i materiali inconsueti porta Burri a contribuire al Gruppo Origine, che espone nel 1951 alla Galleria dell’Obelisco, Roma.

6. I ROVESCIATI DI BASELITZ ALLE GALLERIE DELL'ACCADEMIA

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In concomitanza con la Biennale d'arte di Venezia, le Gallerie inaugureranno una mostra che ripercorre tutti i periodi e gli snodi cruciali dei sessant'anni di carriera dell'artista tedesco, attraverso dipinti, disegni e sculture. E' la prima volta che l'Accademia apre le porte a un artista contemporaneo vivente. “Sono felice di essere stato invitato a presentare il mio lavoro alle Gallerie dell’Accademia a Venezia il prossimo anno". Ha spiegato Baselitz, conosco il museo da tempo ed è un piacere lavorare con Kosme de Barañano a un progetto fortemente originale”. La mostra pensata su misura per gli spazi veneziani dell'Accademia, è a cura di Kosme de Barañano e sarà antologica con l'ambizione di portare in dialogo gli snodi cruciali dei sessant'anni della carriere dell'artista tedesco - di certo tra i più significati viventi.

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Opera di Gerorg Baselitz

Georg Baselitz è un artista tedesco noto per i suoi dipinti neo-espressionisti e che spesso sono caratterizzati da uomini a testa in giù. La sua opera comprende scultura e incisione ed ha spesso esplorato cosa ha significato essere un artista tedesco nel dopoguerra. Colori audaci, forti pennellate, sono alla base dei temi trattati spesso folcloristici o archetipici. "Comincio con un'idea, ma mentre lavoro, la foto prende il sopravvento", ha detto del suo processo. "Poi c'è la lotta tra l'idea che ho preconcetto e l'immagine che combatte per la sua stessa vita." Nato Hans-Georg Kern il 23 gennaio 1938 a Deutschbaselitz, in Germania, Baselitz ribattezzò se stesso dopo la sua città natale nel 1961.

7. PHILIPPE PARRENO ALL'ESPACE LOUIS VUITTON

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Veduta di una istallazione di Philippe Parreno, Anywhen, 2016, Tate Modern Turbine Hall

Titola Displacing Realities la mostra di Philippe Parreno presso l'Espace Louis Vuitton Venezia a ridosso di Piazza San Marco, dall'11 maggio al 24 novembre, per ora sono quasi nulla le informazioni che circolano al proposito. Philippe Parreno è un artista francese contemporaneo la cui pratica multidisciplinare include collaborazioni con Pierre Huyghe, Liam Gillick e Rirkrit Tiravanija. Come parte della sua pratica, Parreno esamina come i sistemi di rappresentazione e le memorie producono significato. La sceneggiatura incompleta dell'artista L'Histoire d'un sentiment (1996), è un gesto che richiama l'attenzione sulla narrativa della produzione attraverso l'immaginazione di un progetto creativo immaginario che non sarà mai realizzato.

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Un interno dello spazio dell'Espace Louis Vuitton

Philippe Parreno nato nel 1964 a Oran, in Algeria, è cresciuto a Grenoble, in Francia, frequentando l'École des Beaux-Arts della città prima di trasferirsi a Parigi per studiare all'Institut des Hautes Études en Arts Plastiques del Palais de Tokyo. La sua prima ascesa alla ribalta negli anni '90, i suoi primi lavori includono conferenze in videoconferenza che includono riprese di programmi televisivi e film popolari. Negli anni che seguirono, l'artista ha prodotto sia opere visive che testi scritti analizzando una serie di argomenti. Continua a vivere e lavorare a Parigi, in Francia. Oggi le opere di Parreno sono conservate nelle collezioni del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, della Tate Modern di Londra e del Centre Georges Pompidou di Parigi, tra gli altri.

8. ARSHILE GORKY NELLE SALE DI CA' PESARO

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Una veduta dal Canal Grande di Ca' Pesaro

Ca' Pesaro presenta la prima retrospettiva italiana dedicata a Arshile Gorky (1904-1948), considerato una delle figure chiavi dell'arte americana del XX secolo. La mostra prende in considerazione le tappe della carriera di Arshile Gorky dai primi lavori degli anni Venti, anni in cui la pittura è caratterizzata dal rapporto con le opere di Cézanne, passando per i punti più alti del suo studio da autodidatta dei maestri e dei movimenti moderni, fino ad arrivare alla fase in cui tutti questi stimoli confluiscono in una potente e singolarissima visione. Arshile Gorky, pseudonimo di Vosdanik Adoian, nasce nel villaggio di Khorkom, nella provincia di Van in Armenia, il 15 Aprile 1904. A causa dell’invasione turca, gli Adoian sono costretti alla condizione di profughi; Gorky stesso lascia Van nel 1915 e si trasferisce negli Stati Uniti nel febbraio del 1920, dove vive con alcuni parenti a Watertown, Massachusetts, e con il padre stabilitosi a Providence, Rhode Island. Dal 1922 risiede a Watertown e insegna alla New School of Design di Boston. In mostra circa 80 opere provenienti da collezioni internazionali sia istituzionali che private: tra queste la Tate di Londra, la National Gallery of Art di Washington DC, il Whitney Museum of American Art di New York, il Centre Pompidou di Parigi, l’Israel Museum di Gerusalemme.

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Opera di Arshile Gorky

La qualità inimitabile delle ultime opere fu riconosciuta dal poeta surrealista André Breton che, nella prefazione al catalogo di una mostra di Gorky del 1945, la descrisse come un “ibrido”, riconoscendo la complessità con cui Gorky evocava il mondo naturale, unendolo a una moltitudine di memorie personali e influenze diverse.

9. BRIGITTE NIEDERMAIR SORPRENDE PALAZZO MOCENIGO

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Campaign M+F Girbaud 2004 THE LAST SUPPER, 58x30,12 cm, without frame

La mostra personale di Brigitte Niedermair al Museo di Palazzo, a cura di Charlotte Cotton, dal 9 maggio – 24 novembre 2019, è un'interazione dinamica delle fotografie dell'artista tratto dal suo archivio di oltre venti anni di pratica fotografica. Una mostra che si pone in dialogo con l'architettura e l'arredamento delle sale comunicanti di Palazzo Mocenigo. Collaborando con Charlotte Cotton, curatrice di fotografia internazionale, Niedermair ha risposto alla distinta atmosfera di ogni stanza e ha inserito le sue classiche foto di moda e still life in questi ambienti storici che spaziano dalle sale più intime fino alla scala imponente.

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Un salone di Palazzo Mocenigo

La sinergia tra il pubblico e gli interni un tempo privati ​​di questo storico palazzo della famiglia Mocenigo - il Museo dei tessuti e dei costumi di Venezia dal 1985 - e le fotografie di Niedermair sono a più strati, con un tenore che si sposta da una stanza all'altra. Niedermair ha selezionato i dipinti della collezione di Palazzo Mocenigo sostituendoli con le sue fotografie per amplificare consapevolmente e contrastare con i sottotitoli incorporati di genere e identità che permeano questi interni prevalentemente del XVII secolo. L'osservatore dell'installazione diventa gradualmente consapevole del fatto che le uniche donne ritratte che guardano fuori dai confini dei loro fotogrammi risalgono ai secoli XVII e XVIII, mentre le loro controparti contemporanee resistono e si allontanano.

10. "CHE TU POSSA VIVERE IN TEMPI INTERESSANTI"


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Il curatore della Biennale d'Arte 2019 Ralph Rugoff nella tradizionale foto nella sede di Ca' Giustinian

Aperta dall' 11 maggio al 24 novembre 2019, nelle sedi dei Giardini e dell’Arsenale, la 58. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo May You Live In Interesting Times, a cura di Ralph Rugoff, organizzata dalla Biennale di Venezia, presieduta da Paolo Baratta, la pre-apertura avrà luogo nei giorni 8, 9 e 10 maggio, la cerimonia di premiazione e inaugurazione si svolgerà sabato 11 maggio 2019. La mostra si articolerà tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale, includendo 79 artisti provenienti da tutto il mondo. La mostra sarà affiancata da 90 Partecipazioni Nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 4 i paesi presenti per la prima volta alla Biennale Arte: Algeria, Ghana, Madagascar e Pakistan. La Repubblica Dominicana e la Repubblica del Kazakistan partecipano per la prima volta alla Biennale Arte con un proprio padiglione.

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Una veduta degli spazi dell'Arsenale della Biennale di Venezia

Da parte sua Ralph Rugoff ha dichiarato: «May You Live in Interesting Times includerà senza dubbio opere d'arte che riflettono sugli aspetti precari della nostra esistenza attuale, fra i quali le molte minacce alle tradizioni fondanti, alle istituzioni e alle relazioni dell'"ordine postbellico". Riconosciamo però fin da subito che l'arte non esercita le sue forze nell’ambito della politica. Per esempio, l'arte non può fermare l'avanzata dei movimenti nazionalisti e dei governi autoritari, né può alleviare il tragico destino dei profughi in tutto il pianeta (il cui numero ora corrisponde a quasi l'un percento dell'intera popolazione mondiale). In modo indiretto, tuttavia, forse l'arte può offrire una guida che ci aiuti a vivere e pensare in questi 'tempi interessanti'. La Biennale Arte 2019 non avrà un tema di per sé, ma metterà in evidenza un approccio generale al fare arte e una visione della funzione sociale dell'arte che includa sia il piacere che il pensiero critico. La Mostra si concentrerà sul lavoro di artisti che mettono in discussione le categorie di pensiero esistenti e ci aprono a una nuova lettura di oggetti e immagini, gesti e situazioni. Un'arte simile nasce dalla propensione a osservare la realtà da più punti di vista, ovvero dal tenere in considerazione nozioni apparentemente contraddittorie e incompatibili, e di destreggiarsi fra modi diversi di interpretare il mondo che ci circonda."

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Una foto della Biennale d'Arte 2015 firmata da Christine Macel

Sono 21 gli Eventi Collaterali ammessi dal Curatore e promossi da enti e istituzioni nazionali e internazionali senza fini di lucro. Organizzati in numerose sedi della città di Venezia, propongono un'ampia offerta di contributi e partecipazioni che arricchiscono il pluralismo di voci che caratterizza la Mostra. Per il decimo anno consecutivo La Biennale dedica il progetto Biennale Sessions alle Università, alle Accademie e a tutte le istituzioni operanti nella ricerca e nella formazione nel campo delle arti, dell’architettura e nei campi affini. L'obiettivo è quello di offrire una facilitazione a visite di tre giorni da loro organizzate per gruppi di almeno 50 tra studenti e docenti, con la possibilità di organizzare seminari in luoghi di mostra offerti gratuitamente e assistenza all'organizzazione del viaggio e soggiorno

11. IL PADIGLIONE ITALIA DI MILOVAN FARRONATO

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Il cutratore del Padiglione Italia, Milovan Farronato

Enrico David, Chiara Fumai e Liliana Moro sono gli artisti che rappresentano l'Italia - paese che ospita la Biennale di Venezia - sotto la direzione e la cura di Milovan Farronato, direttore del Fiorucci Art Trust, per il quale ha sviluppato dal 2011 il festival Volcano Extravaganza a Stromboli.

“Internazionalità, contemporaneità, creatività - ha dichiarato Bonisoli, il ministro delle attività e della Cultura italiana - sono le parole che caratterizzeranno il progetto del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia grazie al contributo di questi tre protagonisti dell’arte, le cui opere daranno vita ad una mostra originale e innovativa sotto la guida esperta di un curatore loro coetaneo”.

“Gli obiettivi di sostegno, promozione, valorizzazione dell’arte italiana della Direzione Generale Arte Architettura Contemporanee e Periferie Urbane che dirigo - afferma il Commissario del Padiglione Italia Federica Galloni - sono pienamente rappresentati dai tre artisti scelti per la prossima partecipazione italiana a Venezia, che sapranno trasmettere profondità della visione e qualità della ricerca al pubblico internazionale”.

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Esterno del Padiglione Italia all'Arsenale

“A cavallo tra due generazioni, le opere e le biografie di Enrico David, Chiara Fumai e Liliana Moro, sebbene molto diverse - spiega il curatore del Padiglione Italia Milovan Farronato - segnano significativi percorsi artistici contemporanei che si distinguono per spirito di ricerca tra passato e presente. I loro lavori spiccano per l’inestinguibile desiderio di esplorare territori in cui il quotidiano, la sopravvivenza, la tradizione e la narrazione hanno una forte presenza. Ho lavorato a stretto contatto con questi tre artisti nel corso degli anni, in occasione di mostre personali e collettive in Italia e all’estero, e sono felice di poter affiancare le loro pratiche in questa mostra su grande scala, che includerà lavori nuovi ma anche opere del passato“.

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Chiara Fumai, Houdini, 2011

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